La mania della gastronomia pervade gli intimi meandri della nostra vita. Gite enogastronomiche, programmi cucinieri in tv, degustazioni d’obbligo, blog di ricette, orti sul terrazzino, cuochi opinioni leader, smania per il biologico, ossessione per le diete, languori per lo spezzatino della nonna, stomaci forti da street food, chilometro zero, grandi eventi alimentari. Si tratta soltanto di una moda? Alternando storytelling e tono critico, racconti di esperienza vissuta, riflessione filosofica e frammenti mediatici, questo libro semiserio prova a dare una risposta. Anzi tante risposte, dato che la gastromania è fenomeno ambivalente: ridicolo per certi versi, importantissimo per altri.

Abbandonando le banali pose da intenditori, e recuperando quell’ironia che caratterizzava i gloriosi almanacchi dei buongustai, si tratta di ritrovare il desiderio di convivialità. Prima ancora che condivisione di beni comuni, convivialità è capacità di star seduti insieme, imparando a far funzionare il senso del gusto, apprezzando sapori e sentori, ritrovando nel cibo sintonie e conflitti, affetti profondi e conoscenza del mondo.

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