Resto del Carlino

IL RESTO DEL CARLINO – Carlino Reggio, 22 / 11 / 2007

“La marca, oggi, ha preso il posto di Dio per più motivi”. Di questo si parla nel nuovo libro di Gianfranco Marrone, professore di Semiotica all’Università di Palermo, Il discorso di marca. Modelli semiotici per il branding (Laterza, pp. 369, euro 28), che ci accompagna alla scoperta degli effetti del logo, la cui influenza necessita un’indagine che vada oltre le contrapposizioni ideologiche o i colpi di fulmine a occhi chiusi. No logo o Pro logo? Insomma, entrambi e nessuno dei due, chiamati al ruolo di attenti osservatori per discernere i connotati di un fenomeno tanto più complesso, rispetto alle contrapposizioni tra credenti e atei, quanto ha invaso la dimensione del sacro e del religioso: “La marca è sacra, adorata dalla gente e la società è invasa dalla marca” dice Gianfranco Marrone, tra l’altro presidente uscente dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici che ha aperto il suo XXXV Congresso dal 23 al 25 novembre a Reggio Emilia ai Teatri a alla Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell’Economia. Come tema, i “Destini del sacro”, con la marca tra le protagoniste indiscusse, per esempio nella relazione di Vanni Codeluppi “Il consumo come religione”, curatore di una ricerca che conta la collaborazione anche di Gianfranco Marrone, dal titolo Il sogno della marca. Immaginari di marca, valori sociali e universo sportivo (Lupetti, pp. 126, euro 12). Entrambe le pubblicazioni, uscite in contemporanea, sono state discusse alla Libreria all’Arco di Reggio Emilia alla vigilia del congresso, da Stefano Calabrese e Nicola Dusi, docenti all’ateneo reggiano rispettivamente in Semiotica del testo e Semiotica dei media. Abbiamo chiesto all’autore di aiutarci a capire come la marca, “dio onnipotente e onnisciente, ma in fondo intimo e familiare”, comanda e consola, costruisce e orienta le nostre azioni e identità di consumatori.
Di cosa parla il suo nuovo libro “Il Discorso della Marca”?
In prima istanza è un libro di metodo. Cerca di offrire a chi si occupa di marca (dagli aziendalisti agli uomini di marketing, ma anche a sociologi e filosofi) una serie di modelli per comprendere meglio ciò di cui parlano e ciò che gestiscono. La nozione semiotica di ‘discorso’ (che propongo di sostituire a quella di ‘mondo possibile) da questo punto di vista è estremamente utile, perché tiene insieme sia il lato commerciale sia quello culturale del fenomeno della marca, consentendo le traduzioni fra i due mondi. In seconda istanza, però, oltre il coté metodologico emerge una mia interpretazione del fenomeno della marca, che arrivo a paragonare prima all’autore romantico e poi, conseguentemente, a Dio. La marca ha preso il posto di quell’Autore che nel Novecento in tanti (Blanchot, Barthes, Foucault) si sono affannati a dichiarare morto. Ma ha preso il posto di Dio, anch’esso, dicono (Nietzsche e seguaci), ormai scomparso.
All’uscita cartacea viene accompagnato un sito internet con tutti gli esempi audiovisivi che ha analizzato nel libro. Si tratta di una novità, perchè una scelta così aperta?
Si è trattato di una scelta di comodo, per offrire i materiali stampa e video di cui si parla nel libro, di modo che il lettore (studenti, docenti, operatori vari, curiosi) può ritrovare ciò di cui si parla nel libro e seguire meglio le pagine di analisi. Ma c’è una ragione più profondaseguire quello che si chiama ‘onere della prova’, cosa che differenzia la semiotica da altre scienze umane, le quali spesso non si pongono questo problema.
Quanto la società è invasa e imprigionata dalla marca?
Direi moltissimo. Anche quando si tenta di travalicarla, ci si ricade inevitabilemte. Non c’è nulla che rafforzi di più la marca che i movimenti, anche violenti, che la contestano. Ne costituiscono tutto il potere, non solo economico. Basti pensare a “No logo” e Naomi Klein, che sono marche fortissime in sé, e che in più hanno rafforzato il sistema dei brand.
La marca è sacra?
Sì, l’ho detto prima, è l’instaurazione del sacro, cioè del senso, nelle relazioni oggettuali con le merci, come anche la gestioene delle relazioni intersoggettive. La marca ripropone l’intersoggettività dove il mercato prova a eliminarla. Per questo la gente finisce per adorarla.


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