Comunicato per l’uscita del libro

“La marca, oggi, sta al posto di Dio per più motivi, e tutti di natura eminentemente semiotica”.

Questa affermazione a prima vista paradossale chiude Il discorso di marca (Laterza, pagg. 368, € 28,00) di Gianfranco Marrone, noto semiologo italiano, acuto osservatore dei fenomeni sociali e mediatici più importanti degli ultimi anni, autore di libri di successo quali Estetica del telegiornale e C’era una volta il telefonino (Meltemi), Corpi sociali e La Cura Ludovico (Einaudi). Non poteva mancare dunque la marca, soggetto/segno iperpresente e ipersfuggente dell’immaginario collettivo e delle pratiche individuali contemporanei, madre-padrona che, regolando le nostre scelte d’acquisto, costituisce surrettiziamente la nostra identità ormai fatalmente metamorfica di consumatori blasé, di vecchi e felici bamboccioni.

L’ipotesi di Marrone, a supporto di un testo ricchissimo di modelli d’interpretazione e relativi esempi d’analisi, è che la morte di Dio e dell’Autore, la fine delle ideologie e la crisi delle Grandi Narrazioni, da tempo proclamate da sociologi e filosofi, abbia favorito, se non prodotto, lo strapotere attuale delle marche. Le quali però, dal canto loro, non sono affatto produzioni occulte di un Golem aziendale che lavora crudamente e crudelmente per i propri fini commerciali. Esse invece l’esito sempre rivedibile e rivisto di una contrattazione tacita e fittissima fra le proposte di senso dettate da scelte strategiche che pescano nella cultura sociale di riferimento, a monte, e le riproposte d’accettazione entusiastica o di sdegnoso rifiuto che tale cultura, a valle, sempre e comunque finisce per dare. Sono i grandi Brand a conformare le nostre esistenze o piuttosto il contrario? A dispetto dei soliti apocalittici e degli immancabili integrati, valgono entrambe le ipotesi.

Il Dio-marca comanda e consola, un dio onnipotente e onnisciente, ma in fondo intimo e familiare.

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